28/01/14

Global Game Jam 2014

Sono tornato da poco da una delle sedi italiane della Global Game Jam, il Politecnico di Milano.
Per chi non lo sapesse, una Game Jam è un evento in cui professionisti e studenti del mondo videoludico si ritrovano e, su un tema dato e con alcuni vincoli, si organizzano in team e creano un gioco in 24 o 48 ore.
La Global Game Jam è una Jam annuale, realizzata in contemporanea mondiale presso centinaia di sedi accreditate, il tutto coordinato dall’IGDA.

Nei giorni precedenti all'evento era stata avanzata l'ipotesi di creare anche giochi da tavolo, motivo per cui ero un po' combattuto. Da un lato avevo voglia di imparare qualcosa sul design di videogiochi, dall'altro era un'occasione davvero molto ghiotta per cimentarmi nella realizzazione di un gioco da tavolo con un team assortito semi-casualmente, su un tema assolutamente non commerciale e con un vincolo di design pesante come un macigno (solo print 'n' play).

Ma alla fine, nonostante i giochi da tavolo alle Game Jam siano meno "gettonati" rispetto ai videogames (basti pensare che su 4283 giochi sviluppati all'ultima GGJ, solo 174 erano da tavolo), ho optato per lo sviluppo di un boardgame, visto che c'erano diverse persone incuriosite dal gioco analogico (una dozzina, tanto che alla fine i team "board" sono stati due) e che avrei avuto la possibilità di lavorare con gente potenzialmente interessata a future collaborazioni. 
Come mi aspettavo, mi sono trovato in team con persone che, pur essendo competentissimi professionisti nel loro campo, erano in alcuni casi assolutamente digiuni di giochi da tavolo.
In un certo senso è quello che speravo, perché mi ha dato modo di crescere, di imparare a relazionarmi meglio con persone con competenze ed esperienze diverse dalle mie. Ma andiamo con ordine.

Fra cazzeggio e chiacchiere si arriva a costituire il team. L'unica "giocatrice da tavolo" del party è Ilenia, game designer, che ha diviso con me la fatica di dare senso e forma al gameplay; oltre a lei completano la crew Riccardo, concept artist e scenografo; Davide, art director, 2D artist e aspirante autore; Daniele e Paolo, programmatori.

Alle 17.00 inoltrate arriva il tema.  
"We don't see things as they are, we see them as we are" 
Un'ombra di "WTF?!" ci oscura i visi.

Ci mettiamo a fare brainstorming, senza riuscire a concentrarci e continuando a rimbalzare da un elemento all'altro, un po' perché dobbiamo ancora imparare a conoscerci, un po' perché comunque il problema di un tema così vago è che è difficile capire cosa si vuol far fare ai giocatori, e questo blocca di fatto tutto il resto. Stiamo facendo un gioco da tavolo print 'n' play, non possiamo giocare su elementi visivi che cambiano a seconda degli input, non possiamo usare elementi audio, solo carta e inchiostro.

Io e Ilena iniziamo a scervellarci sull'esperienza desiderata (cioè "cosa cavolo far fare ai poveracci che scaricheranno il gioco"); avendo un approccio molto simile riusciamo a capirci al volo, ma procedendo in astratto perdiamo velocemente la presa sull'attenzione dei nostri compagni di squadra, che ragionano - ovviamente - più in termini di meccaniche e di elementi visivi o visualizzabili.

A un certo punto ho temuto seriamente che non saremmo riusciti a comprenderci in misura sufficiente per lavorare efficientemente. Iniziavano a venir fuori idee interessanti sulle meccaniche, ma era difficile farle quadrare col tipo di esperienza che avevamo inizialmente in testa io e Ilenia, a seguito del primo brainstorming.

Per fortuna, la cena (e la birra del birrificio lambratese) hanno portato consiglio. Partendo dalla chiacchierata fatta a cena, ho buttato lì un'idea di theme convincente (archetipi che esplorano un mondo che cambia a seconda di come sono) con un ipotesi di system molto semplice (basato sull'uso di carte che forniscono sia poteri speciali che "movimento") che mi sembrava piacesse molto anche a alla mia collega, e questo ha almeno un po' risollevato il morale; nel corso della notte, ciliegina sulla torta, gli altri hanno proposto un setting "concreto" (Jammers che non riescono a arrivare a un'idea, chissà come gli è venuto in mente).

Da qui, abbiamo stabilito i punti cardine del gioco: abbiamo identificato uno scopo, definito le identità in game dei giocatori, creato l'ambiente e le sue specifiche. Io, Ilenia e Daniele abbiamo costruito pezzo per pezzo le meccaniche, scritto le regole, fatto qualche test e limato ove necessario (compatibilmente coi tempi). Nel frattempo, Il comparto visual ha lavorato senza sosta: Riccardo brutalizzando la sua tavoletta grafica, Paolo lavorando a layout e icone, e Davide vettorializzando come se non ci fosse un domani. Per dare un tocco di colore, ci siamo ispirati alla recente polemica sul trademark registrato dalla King.com.


"The last day of the Global Game Jam is almost here. A game designer, a visual designer, a sound designer and a programmer are jamming together to develop the game of their dreams. They haven't slept in two days. Mechanics doesn't work. Art is incomplete. Music is out of theme. Code is bugged. Worst of all, the game is just a clone of Candy Crush Saga. When they fall asleep, exhausted and frustrated, they slip into a terrible nightmare: a great game idea is just in front of them but it seems out of reach. The struggle for that brilliant idea begins: the Jammers will see the nightmare according to their professions, using their unique skills to reach their goal. Are you ready to save your Jam?"

Ce l'abbiamo fatta. Candy Game Jam Saga è pronto e giocabile, con tanto di video di presentazione realizzato al volo da Daniele. Yay us!

Durante la tre giorni è stato necessario mediare, discutere, accordarsi, venirsi incontro. E alla fine è venuto fuori un gioco sensato, coerente, in tema, creato con il contributo di tutti, anche a livello di gameplay. Il confronto, aperto e continuo, sempre nel rispetto delle competenze di ognuno, è stata la chiave per chiudere in tempo il nostro progetto (che, fra parentesi, trovate qui).

Non voglio descrivervi quanto sia figo creare un gioco avendo tempi e vincoli così stretti ma anche la totale libertà di sperimentare, senza imposizioni produttive, né voti, né premi, solo per il gusto di progettare, perché si può (l'unica cosa che posso dirvi è: andate a una Jam, appena potete, o partecipate a uno dei prossimi eventi di BGDItalia.it).

Ma ci tengo a ringraziare il team per avermi dato l'opportunità di imparare qualcosa di nuovo, sulla creatività, sul lavoro in gruppo e sull'importanza del confronto, rafforzando la mia convinzione che siano le persone a rendere grandi le idee e le opere, e non il contrario.

Già che ci sono ringrazio anche a tutti gli amici del mondo del gioco che ho rivisto a Milano (Spartaco Albertarelli, Mario Sacchi, Francesco Sedda), Pier Luca Lanzi, che ha organizzato l'evento e coordinato i lavori dell'intera Jam, e Maresa Bertolo, per l'ospitalità, i consigli e tutto il resto.


Alla prossima!

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